L’ultimo Padrino by Luca Ponzi

L’ultimo Padrino by Luca Ponzi

autore:Luca Ponzi [Ponzi, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storie vere
editore: Rubbettino Editore
pubblicato: 2024-02-09T09:56:01+00:00


La strategia delle stragi

È il 23 maggio 1992 quando nelle case degli italiani irrompe l’edizione straordinaria del Tg1. È tardo pomeriggio, nelle redazioni dei telegiornali la scaletta è ormai praticamente fatta, si deve solo aspettare che i servizi vengano confezionati e poi andare in onda. Ma stavolta no, si deve buttare via tutto. Già la sigla attira l’attenzione dei telespettatori, si va in onda con la straordinaria solo quando c’è un fatto clamoroso. Il volto rassicurante della conduttrice storica Angela Buttiglione è tradito dalla voce, emozionata e lievemente incrinata.

Siamo in grado di darvi le prime immagini dello spaventoso attentato nel quale ha perso la vita il giudice Giovanni Falcone e almeno tre uomini della scorta. Venti le persone che sono rimaste ferite. L’attentato è avvenuto nel tardo pomeriggio sull’autostrada che collega Palermo a Trapani. Il collegamento subito con Palermo.

Dalla sede regionale la parola passa a Salvatore Cusimano, in primo piano vengono mandate le riprese dell’operatore Marco Sacchi che – come racconta in diretta il giornalista della Tgr Sicilia – «è riuscito a penetrare la barriera che rendeva impossibile l’accesso, ha girato queste scene, scene drammatiche…». Le immagini ci portano subito sull’autostrada che collega Palermo con Mazara del Vallo. Laggiù c’è la Croma bianca blindata con a bordo il giudice Giovanni Falcone e la moglie. È distrutta, ricoperta da calcinacci. Sembra finita sotto un bombardamento. L’asfalto non esiste più. Saltato per aria. I primi agenti arrivati sul posto si aggirano increduli. Uno scenario che si vede solo nelle zone di guerra o nei film. Invece è la drammatica realtà di quella che sembrava una domenica come tante, fino alle 17:57, quando tutto cambiò. Una domenica in cui la mafia decide di colpire uno dei magistrati in prima linea nella lotta ai clan, un magistrato che era più avanti di tutti gli altri grazie al suo acume e alla capacità investigativa che gli permetteva di fare collegamenti tra fatti, persone, dettagli che altri non avevano visto. Ma Giovanni Falcone non era solo questo, era un simbolo. Cosa nostra, per andare a colpo sicuro in quel pomeriggio, non esita a usare ben 500 chili di tritolo, nascosti in un tunnel sotto la carreggiata. Per evitare che l’ordigno venisse scoperto chiusero quel varco con una rete metallica utilizzata per i letti e vi appoggiarono sopra un materasso.

L’esplosione è tremenda, in quella che venne definita la strage di Capaci muoiono oltre a Falcone anche la moglie, Francesca Morvillo, pure lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Una ventina i feriti.

Il Paese rimase attonito. Ancora riecheggiano le parole di Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, con la voce rotta dal pianto e dal dolore durante la cerimonia funebre in una chiesa gremita all’inverosimile.

Io Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, battezzata nel nome del padre del figlio e dello spirito santo, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato, chiedo innanzi tutto che venga fatta giustizia. Adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro, ma certamente non cristiani.



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